Innescare risposte emotive con un copywriting empatico

copywriting empatico | empatia | caroselling | marketing

Ha circa diciottomila e cinquecento anni, la comunicazione. Nata nel Paleolitico superiore, nei pressi dell’attuale Spagna. Qui, nella grotta di Altamira, nel 1879 gli archeologi ritrovarono una serie di pitture rupestri che raffigurano mammiferi e mani umane e che, finora, nel complesso, risultano essere la più antica testimonianza di comunicazione umana. Paleolitico superiore? Paleolitico superiore.

Tutto è comunicare

Obiettivamente, a vederla, non li dimostra tutti quegli anni, la comunicazione. Attraversa la nostra vita senza sbatterci in faccia l’idea del declino che infonde il confronto con la vecchiaia. Arriva senza neanche che ce ne accorgiamo e ci accompagna come un’ombra, cresce insieme a noi e ci riveste come un cambio d’abiti man mano che ci allunghiamo o ingrassiamo o sbagliamo lavaggio. Una compagna che non ha bisogno di parole per farsi capire. Le basta disegnare una mano o un bisonte per far capire a tutti che sta raccontando una scena di caccia, oppure chiudere i pugni e muovere le braccia avanti e indietro per rappresentare una scazzottata.

Gesticolare, disegnare, parlare, scrivere. È così che la comunicazione si è fatta progressivamente strada nella nostra esistenza, come un sunto di emozioni, come una narrazione. In maniera essenziale, indispensabile e genuina.

Poi è arrivata la pubblicità, che ha cambiato le carte in tavola e ha scombussolato gli intenti, gli strumenti e i codici. Si è iniziato a parlare di comunicazione pubblicitaria (comunicare con l’intento di vendere), comunicazione persuasiva (comunicare con l’intento di convincere), copywriting (comunicare, scrivendo, con l’intento di convincere e vendere). Niente di male, sia chiaro, purché si rispettino certi criteri – e, soprattutto, purché si rispetti il ricevente.

Autenticità e umanità

Raccontare è la forma di comunicazione più potente e più umana che ci sia. Non importa se attraverso le immagini o le parole. Noi, come essere umani, raccontiamo da sempre. Attraverso le narrazioni costruiamo il nostro universo di conoscenze, di interessi, di valori. Sin da quando siamo piccoli è grazie alle storie che impariamo a conoscere il mondo, a identificare i pericoli, a sondare l’ignoto; è dalle storie che traiamo le prime motivazioni, è dalle storie che ci lasciamo ispirare. Attraverso la narrazione riusciamo a imprimere delle immagini indelebili nella nostra mente che ci accompagneranno nel corso degli anni. È così che impariamo a comunicare: raccontando la razionalità e generando emozioni. In maniera autentica e umana.

La comunicazione ha toccato il suo apice con l’avvento della pubblicità, che ha fatto sue tutte le peculiarità del comunicare e le ha usate per cercare di modificare le abitudini d’acquisto di potenziali clienti e convincerli a comprare un determinato prodotto a discapito di un altro (ed è proprio in seno alla nascita della pubblicità che si inizia a parlare di copywriting, ossia scrivere tutte le parole della pubblicità). Questo stile di comunicazione, però, si basava – e in alcuni casi vi si basa tutt’ora – sulla sensazionalità e non sulla narrazione, sull’imperdibilità e non sull’emozione: Super offerta! Offerta imperdibile! Edizione limitata! Risultato: i potenziali clienti diventano clienti mercenari, non affezionati al prodotto o al Brand, bensì all’occasione – pronti a cambiare alla prima offerta più vantaggiosa. E questo perché la comunicazione, benché risulti autentica, manca di umanità.

Corde emotive e identificazione

Con l’avvento dei nuovi media e dei social, infine, tutto è stato stravolto: è cambiato il ruolo dei consumatori, che adesso hanno una forza e una voce in capitolo mai avuta prima, e, di conseguenza, è cambiato il modo di comunicare.

I consumatori, adesso, hanno la possibilità di influenzare il mercato attraverso le condivisioni sui social e le recensioni – ed è un’influenza più forte di quella della pubblicità. La comunicazione non è mai stata così importante. È richiesta ancora più autenticità e umanità, poiché bisogna toccare le corde emotive degli utenti-consumatori, permettere loro di identificarsi con il messaggio e portarli naturalmente a condividerlo e ri-condividerlo (raggiungendo, così, un pubblico sempre più vasto).

Empatia, copywriting persuasivo e manipolazione

Le emozioni giocano un ruolo fondamentale nella narrazione e quindi nella comunicazione e quindi nella pubblicità – e quindi nel copywriting. Molti direbbero, a questo punto, che il compito della comunicazione pubblicitaria è far sentire il consumatore in un determinato modo. Ma non è così.

Quando la pubblicità inserisce nella sua narrazione le emozioni che vorrebbe che i consumatori provassero, allora la comunicazione diventa manipolazione. Questo aspetto manipolatorio della comunicazione si sta diffondendo sempre di più, soprattutto nella comunicazione e nel marketing online, con il nome (sbagliato) di copywriting persuasivo.

Il copywriting persuasivo ha l’obiettivo (quello vero, non dichiarato) di vendere ai consumatori qualcosa che non vogliono o di cui non hanno bisogno. Lo fa in maniera aggressiva, puntando a sfondare la naturale barriera che ogni consumatore mette tra sé e un prodotto. Utilizza una serie di escamotage neuro-psicologici per intimorire le persone, farle sentire in difetto, convincerle che quello che hanno non va bene e devono puntare ad avere quello che non hanno. Parla alla pancia e non alla testa. Alle viscere e non al cuore. E in più, tratta il consumatore come una persona volubile, incapace di intendere e volere; come un burattino privo di intelligenza e volontà. Ma attenzione: alla lunga tutti i nodi vengono al pettine. Alla lunga i consumatori percepiscono che c’è qualcosa di non autentico e che prevalgono i desideri egoistici della cattiva comunicazione.

Non bisogna, pertanto, focalizzarsi sulle emozioni che potremmo far provare alle persone, quanto, piuttosto, sulle emozioni che già provano ma non sanno di provare. Una buona comunicazione, davvero persuasiva, deve far affiorare quelle emozioni che il consumatore ha già dentro di sé – deve innescare una risposta emotiva nell’altro.

È questa la comunicazione che ci piace.

È questo il copywriting che perseguiamo.

Non più manipolazione, quindi; bensì empatia.

Non più copywriting persuasivo. Solo copywriting empatico.

Caroselling © 2024