Evolvere significa rischiare, innovare e fare la differenza

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Sergey Brin è il co-fondatore di Google, insieme a Larry Page. Ha 43 anni, è di origini russe e una volta emigrato a sei anni dall’Unione Sovietica dove ha vissuto un’infanzia frugale studia alla Montessori dove si sono formati tra gli altri Jeff Bezos (fondatore di Amazon), Larry Page e Jimmy Wales (fondatore di Wikipedia).

Larry Page dichiara a tal proposito: «Siamo andati tutti e due alla scuola montessoriana e penso ci abbia formato nel non seguire le regole e l’ordine ed essere più auto-motivati, nel chiederci che cosa succeda al mondo, nel fare le cose un po’ diversamente».

Sergey, che conduce una vita piuttosto eccentrica (ricordate: folli, anticonformisti, coloro che vedono le cose in modo diverso) è noto per aver dichiarato che il successo di Google è dovuto principalmente all’essere stato sviluppato nella Silicon Valley, in California, luogo dove l’assunzione di rischi è incoraggiata.

Chi si assume rischi sa che insieme ai rischi ci sono i successi e i fallimenti, e non li ignora

Nikola Tesla disse: “i nostri successi e i nostri fallimenti sono tra loro inscindibili, proprio come la materia e l’energia.”

Se ci pensiamo l’idea del fallimento è lo spettro che troppo spesso nel mondo del business viene chiuso accuratamente a doppia mandata nell’armadio della cantina dei pensieri sperando che si disintegri da solo da un momento all’altro, un metro di misura che si fa finta non esista nella politica d’impresa. Eppure è un termometro implacabile, necessario tanto quanto il successo, che misura i nostri livelli di allarme come un’indispensabile SOS, che permette e ci infonde la volontà di migliorare.

Non avere paura del fallimento denota un atteggiamento costruttivo e di umiltà. Michael Jordan dichiarò: “avrò fatto undici canestri vincenti sul filo della sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di 9.000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. Per 36 volte i miei compagni si sono affidati a me per il tiro decisivo… e io l’ho sbagliato. Ho fallito tante e tante e tante volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”.

Dopo aver sviluppato Google Glass e la tecnologia delle auto che guidano in autonomia, ora Sergey Brin è a capo di Alphabet, un progetto lanciato da Google un anno e mezzo fa, a poco meno del ventesimo anno dalla fondazione del colosso americano in un dormitorio di Stanford. La mission di Alphabet? Fare cose folli, innovative, divertendosi, e non poteva che essere questa. Dichiara Brin: “ovviamente tutti vogliono avere successo, ma io voglio che mi si ricordi per essere stato davvero innovativo, affidabile ed etico, e per aver fatto davvero la differenza nel mondo”.

Evolvere quando è necessario

Cosa imparare da Brin? Ad assumersi rischi calcolati in ragionevole misura chiedendosi “perché no?”, pronti a non farsi fermare dal proprio passato e a non dimenticarlo, a non farsi abbattere dai fallimenti che sono occasioni preziose per interrogarsi su di sé e sulla propria visione, che ci danno l’opportunità di innovare ed evolverci quando è necessario cambiare rotta, che ci danno nuova forza per perseguire i propri sogni ogni giorno con scandalosa e folle costanza, che ci fanno aprire con il piede di porco lo spaventoso e impolverato armadio per farla uscire allo scoperto la paura del fallimento, e farselo amico, il fallimento, senza ignorarlo.

E se il tipo di domande che ti fai sono quelle giuste la lezione del Brin pensiero abbraccia l’atteggiamento di chi al di là delle proprie e remunerative imprese non può essere ignorato, perché solo con il duro e costante lavoro si mantiene il posizionamento sulle proprie motivazioni, le uniche che ci spingono davvero a muoverci nonostante tutto e tutti, quelle che non tralasciano mai il proprio perché, e perché “fare”, al di là di tutte le nostre paure, è sempre la più inattaccabile delle argomentazioni.

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