Se sai scrivere per la pubblicità, allora puoi comporre una canzone pop

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“Se non sai cos’è, allora è jazz”.

Succede altre volte, invece, che sai benissimo di cosa si tratta. Ecco, quello è musica pop – nella sua forma più pura, cristallina, luminosa.

O se, vogliamo parafrasare Nabokov: “pop, mio peccato, anima mia. P-O-P: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato.”

Esiste termine più perfetto? Palindromo, onomatopeico, cortissimo, memorabile. Un caso perfetto di nomen omen, un destino già dettato dalla sua patina esterna che diventa folgorante nel suo significato: pop, da popular, che ha presa sulla massa. Un plebiscito popolare, una hola di colori, un ritmo orecchiabile.

Musica pop e scrittura pubblicitaria

Lo confesso: quando inizio a scrivere un copy, la musica pop è per me come un santino da tenere accanto al computer. Beh, quale modello migliore di un prodotto il cui compito specifico è quello di piacere in maniera indiscriminata? Quale forma espressiva se non colei che è animata dalla cieca ambizione di riscuotere successo e spingere l’ascoltatore verso una precisa direzione commerciale, in prima battuta – esattamente proprio come un testo pubblicitario!?

Sai, non sono pochi gli elementi che si sovrappongono tra musica pop e scrittura pubblicitaria.

Un copy che funziona è come una hit, ovvero un brano che colpisce, fa centro, raggiunge immediatamente; un payoff in odor di grazia è come un hook, quell’elemento (musicale o testuale) che fa da gancio, crea aspettativa e trascina ad arte l’ascoltatore/lettore, portandolo a voler saperne di più e a restare collegato a ciò che ha appena ascoltato o letto.

Il ritmo e la cadenza

E ancora il ritmo, importantissimo. Ogni parola, quasi ogni sillaba, ha una cadenza precisa: la frase deve essere un perfetto equilibrio di battere e levare, di accenti e di pause. Basta un attimo per andare fuori tempo e perdere il testo: anche nella scrittura non bisogna mai abbassare i beat per minuto.

Altra caratteristica saliente sono le ripetizioni che solleticano sia la memoria dell’ascoltatore che la riconoscibilità del testo: qualsiasi pattern narrativo e musicale basato su uno schema di ripetizioni crea familiarità e mette a suo agio il lettore cullandolo in una bambagia il più lontano possibile dall’irruzione di un elemento inaspettato e nuovo. Via libera all’anafora e all’allitterazione e vedrai che il copy scorrerà come balsamo.

La semplicità

Da non sottovalutare mai è la semplicità (keep it simple recita un famoso adagio), soprattutto nella scelta dei concetti. I temi devono risultare riconoscibili, avere un eco universale e una presa istantanea. Amore, passione, fede, brusche ricadute e risalite, sogni e paure; non c’è nulla di più classico e intramontabile. Sì, perché nella canzoni pop così come in un testo, non è mai il cosa ad avere una portata innovatrice: quello è il compito del come, dello stile, dell’arrangiamento, delle metafore che usiamo, della scelta del lessico e del registro. Sono loro, nella loro infinita combinazione armonica e grammaticale, a toccare nuovi territori e a portare una ventata di freschezza al messaggio. Il registro può essere quanto di più alto e nobile mai scritto (lo senti? Suona come una bellissima trama di archi) ma il tema deve toccare le corde del cuore – e possibilmente scaldarlo, per poi rimanere ancorato nella mente del lettore e produrre un’azione.

A volte ci fa muovere il piedino – sì, anche quelli danzano come dei ciocchi di legno. Altre volte ci fa piangere come vitellini o sorridere con le mani al cielo, a mo’ di splendidi beoti. Non succede spesso, ma quando accade te ne accorgi. Un po’ come nel migliore dei ritornelli.

If you wanna be my lover…

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