Uno spettro si aggira per il mondo creativo: è il feedback. Anche se non lascia una traccia visibile è fondamentale nel processo lavorativo, eppure troppo spesso assomiglia a Slimer, quel fantasmino verde informe dei Ghostbusters. Incasina le cose invece che renderle più chiare: si mescola con i giudizi soggettivi, i gusti personali, gli umori delle persone (non mi piace/non mi convince troppo, quante volte hai sentito o detto questa frase?).

Altro che spettro, allora. Quando si parla di feedback il dramma è più tangibile che mai.

Ecco perché in questa lettera proviamo a fare ordine e a raccontarti quando e come è meglio raccogliere un feedback. Che funzioni, diriga e migliori il tuo lavoro. Sennò che feedback è?

Le occasioni. Quando è meglio chiedere un feedback

Ci sono dei momenti nella vita in cui è meglio chiedere un feedback. 

Ma prima facciamo un passo indietro e fissiamo una regola su tutte: un feedback non è un’approvazione. Non è una richiesta da sottoporre all’ultimo, anzi, è buona norma richiederlo in corso d’opera per scongiurare che arrivi troppo tardi e che, tragicamente, rivoluzioni radicalmente il progetto cui si sta lavorando.

Solitamente può essere interno al team di lavoro: si vagliano avanzamenti e step oppure il designer si confronta con la parte di sviluppo o con la business unit di marketing; oppure può essere esterno al team e quindi rivolto al cliente. In questo caso la richiesta di feedback è necessaria quando si devono vagliare diversi step di lavoro all’interno di un progetto di media-grande portata. In entrambi i casi è necessario delimitare i confini – e ora ne parliamo.

un buon feedback | caroselling digital studio

Le regole del gioco. In che modo raccogliere un feedback

La richiesta dei feedback non è come un Fight Club (la prima regola del Fight Club è che non esistono regole): le regole esistono, eccome, altrimenti il feedback può assumere forme, colori, intonazioni imprevisti e totalmente fuorvianti. O, dicevamo poco più su, si tinge di giudizi personali, che sono tutto l’opposto di un buon feedback.

Un buon feedback nasce da come in cui viene richiesto e dalle domande che vengono fatte.

Una delle best practice che sentiamo di consigliarti è fissare un obiettivo e delle regole del gioco: questi due punti aiutano a fare chiarezza e suggeriscono a chi darà un feedback su cosa concentrarsi e cosa non considerare.

Perché un feedback rilevante non può né deve essere un’enciclopedia: si sofferma su una parte limitata, un perimetro sicuro chiaro e ben delimitato – perché si sa, il rischio è come nel gioco Campo Minato.

Le repliche. Come reagire a un feedback negativo

A volte, soprattutto quando lo si chiede a un cliente, un feedback diventa un campo di battaglia dove “sganciare le mine”. Con quest’espressione intendiamo quando il feedback è particolarmente critico, aspro, fuori fuoco o fin troppo SUPERFICIALE.

Prima di tutto, cerchiamo di fare un lavoro sulle nostre emozioni per gestire delle risposte negative. Consigliamo di reagire come farebbe Sherlock Holmes: con animo curioso e spirito indagatore. Cerchiamo di comprendere la persona attraverso delle repliche mirate che cercano di identificare il problema, come ad esempio: Che cosa noti che non va secondo te? Perché ti preoccupa? Cosa pensi che penserà l’utente? Come lo faresti tu? Questa cosa che vuoi fare perché e in che modo pensi che davvero servirà al tuo business?

Invece che metterci sulla difensiva, facciamo una serie di domande e intavoliamo una conversazione propositiva e costruttiva attraverso una strategia che esplora e interpreta invece che giudicare. Una replica neutra, centrata sul problema e senza attacchi personali (ma cosa vuoi capire tu, per intendersi). 

Hey, ma vuoi vedere che questa regola vale per ogni ambito e in ogni tipo di discussione e relazione umana?

Chi l’avrebbe mai detto: un feedback (buono, però!) può rendere il mondo migliore.

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